Nella pianura scarseggiano gli alberi di alto fusto eccetto che
lungo la principale strada di comunicazione, la Statale n. 17.
Lungo questa arteria vi sono filari di pioppi cipressini che richiamano,
da un lato, i pioppeti che vi erano nella zona (il Bosco Popolo
prende il nome da populus, cioè pioppo) e, dall'altro,
il cipresso e come questo, che in Toscana è l'elemento
caratterizzante del paesaggio storico, ha un naturale potere evocativo.
Questa Statale, così come le altre, non attraversa i centri
minori, ma è in funzione solo della città, Boiano
e qui per la presenza ai suoi margini dei pioppi cipressini diventa
il luogo della passeggiata fuori porta, perché quasi un
viale. Questa strada è uno dei pochi segni forti della
campagna intorno a Boiano, dove si registra un proliferare di
fabbricati che stanno producendo una certa confusione visiva.
Si sta avendo in più parti (Monteverde e Castellone) la
formazione di aree insediative a bassa densità così
come si sta avendo la localizzazione di attività di piccola
scala imprenditoriale (un caseificio a Tavone così come
varie rivendite di materiali per l'edilizia). Si sta affermando
anche qui, come già succede altrove, la tendenza ad abitare
in villette esterne al centro urbano: si è perso il significato
di periferia come fascia ben definita di transizione tra città
e campagna per divenire quello di luogo in continuo movimento.
Nel paesaggio di questa zona periferica si distinguono solo un
nuovo albergo (Pleyadis) e il depuratore per i loro colori sgargianti.
Altre presenze nel territorio rurale, apparse negli ultimi decenni,
sono gli impianti sportivi e le attività industriali vere
e proprie (prima lo stabilimento ex Sam ed ora l'Itam) che sono
impianti produttivi grandi, ma isolati; questi luoghi extraurbani
hanno quale caratteristica comune quella di essere vuoti di sera.
Se la strada statale n. 17 ha avuto una certa capacità
ad attrarre iniziative edilizie non così la Bifernina che
non riesce a diventare un asse di sviluppo come si era preventivato
nei documenti di programmazione regionale degli anni '70. Nel
complesso si può dire, comunque, che la ruralità
sta prevalendo sull'urbanesimo: lo stesso centro storico, da elemento
nodale dell'insediamento, va assumendo il significato di periferia
se si parte dal concetto che periferia non è un termine
legato esclusivamente alla posizione fisica del quartiere, ma
connota una condizione urbana. Il centro storico è periferia,
pure sotto l'aspetto sociale perché qui vi abitano i ceti
più poveri, che sono poi quelli tipici delle zone periferiche.
Nel centro storico spesso vive chi non si può permettere
la casa nuova, mentre coloro che ne hanno la possibilità
vanno ad abitare negli edifici sorti all'esterno del perimetro
urbano; se ciò, da un lato, ha come effetto la riduzione
delle trasformazioni delle case nel centro storico per adattarle
agli standards abitativi moderni, dall'altro lato, ha quale contropartita
l'abbandono del centro storico. Se si registra un allontanamento
degli abitanti e delle attività dalla parte centrale della
città, abbiamo invece una permanenza delle funzioni pubbliche
perché Boiano si serve ancora delle infrastrutture realizzate
nel passato che sono il municipio e le scuole. Un caso a sé
è costituito dalla stazione ferroviaria che ormai ha perso
la sua originaria ragion d'essere, in quanto soppiantata da sistemi
di controllo elettronici. Così come quando venne costruita
la stazione con il piazzale antistante e con il viale, corso Amatuzio,
costituì una direttrice di crescita urbana, anche adesso
la stazione (che è chiusa) può avere un ruolo nell'organizzazione
urbanistica perché può diventare un nodo di interscambio
ospitando funzioni terziarie, ricreative, ecc. e, del resto, ciò
è quanto vuol promuovere l'amministrazione comunale. Lungo
i binari, usciti da Boiano, troviamo il tabacchificio che è,
come lo stabilimento per la produzione di laterizi in località
Pulsone, una fabbrica abbandonata. Nella campagna boianese, a
confermare il senso di dispersione, ci sono accanto ad aree industriali
dismesse che sono visivamente impattanti altri "segni"
contemporanei non percepibili con evidenza ma non per ciò
meno forti: presso la Chiesa di S. Maria della Libera a Castellone
vi è un prato dove durante la Settimana Santa si ha la
rappresentazione della Passione di Cristo. L'ambientazione dell'
"orto degli ulivi" richiede che questo spettacolo sacro
si debba svolgere in campagna. Le figurazioni relative alla Passione
sono tristi e ciò distingue questo tipo di manifestazioni
da altre, come i falò che si accendono tradizionalmente
a Natale, che invece sono gioiose. Nell'immaginario collettivo
questo prato rimane legato al ricordo di tale festività.
Se la città sta diventando sempre più ampia e diversificata,
essa è però sempre più separata dalla montagna.
Non è più il luogo della vendita e della trasformazione
dei prodotti della pastorizia e le uniche frazioni che sono in
decremento demografico sono quelle poste a quote più alte
(Civita e Mucciarone che è addirittura abbandonata).
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di Francesco Manfredi-Selvaggi