Il patrimonio culturale boianese è estremamente diversificato
perché va dalle chiese romaniche alle tele pittoriche settecentesche
(i dipinti di Raffaele Gioia sull'altare maggiore della cattedrale).
Prosegue anche oltre perché comprende testimonianze di
archeologia industriale quale è il tabacchificio, un enorme
fabbricato situato proprio fuori la città. È una
tipologia innovativa di architettura industriale per il periodo
in cui è sorta, i primi decenni del secolo scorso, che
già si era affermata altrove; la novità è
costituita dai lunghi capannoni collegati orizzontalmente e non
sovrapposti. Il modello dello stabilimento orizzontale che permette
una più efficace organizzazione delle fasi lavorative deve
essere costruito in pianura ed appunto così avviene a Bojano.
La coltivazione del tabacco che costituiva per i montanari, e
i matesini un tempo lo erano, una risorsa significativa è
sparita dalla piana di Bojano per la concorrenza di altre zone
e con essa il tabacchificio è andato in disuso.
Accanto
a questo vi sono altri manufatti legati alla produzione agricola,
questa volta di tipo tradizionale, che si stanno deteriorando;
un esempio di costruzioni che va scomparendo sono i fienili con
le pareti fatte di paglia e di cannucce, dei quali alcuni si possono
ancora vedere appena fuori Monteverde. Appartengono al patrimonio
culturale pure i ricoveri per pastori che stanno in montagna vicino
agli stazzi per le pecore: rientrano nella categoria delle dimore
rurali temporanee, ma si riducono a piccole capanne in pietra
calcarea coperte, il più delle volte, con semplice lamiere.
Queste, che hanno una forma elementare, sono architetture primitive
il cui prototipo deve risalire ad epoche antichissime. Ancora
architetture rurali significative, ma questa volta databili agli
ultimi secoli, sono alcuni complessi edilizi che presentano elementi
costruttivi caratteristici (torri presenti a Pitti e al casino
Nardone, oppure il tavolino in pietra, di arredo del giardino
nel casino Colacci); questi manufatti sono interessanti dal punto
di vista storico non necessariamente per le loro particolarità
architettoniche, ma piuttosto perché testimonianza di un
certo modo di insediarsi dell'uomo nella campagna. Nella piana
di Bojano si afferma una variante dell' "insediamento sparso",
terminologia cara all'Istituto di Statistica, che è l'aggregazione
di edifici rurali in piccoli borghi, perché sul territorio
rurale risultano presenti piuttosto casali che fattorie isolate
(Castellone, Monteverde, Civita Superiore, che sono vere e proprie
frazioni e poi Ceccagne, Pulsone, Massari, ecc.). Questa tendenza
all'aggregazione delle case, che deve essere legata alla particolare
struttura della famiglia patriarcale, è proseguita fino
a tempi recenti come rivelano i nomi di località abitate
quali Mucciarone, Chiovitti, Pallotta, che poi sono nomi di famiglie
che esistono ancora oggi. Seppure annucleata in casali la distribuzione
rada dei fabbricati in campagna provoca una certa confusione visiva
dalla quale si distingue solo Civita che costituisce una presenza
ben individuabile nel paesaggio. Il castello normanno che sovrasta
Civita è un manufatto isolato, dominante, ma separato dal
borgo. Esso, nonostante le sue dimensioni per le quali somiglia
ad una cittadella, non è percepibile del basso perché
occultato da una fascia alberata di impianto recente. Le mura
che in epoca medioevale dovevano essere abbastanza alte in modo
da non poter essere scavalcate senza l'uso di scale oggi sono
ridotte a semplici brandelli così che l'imponenza del castello
appare unicamente dalla vastità dell'impianto planimetrico
nel quale sono leggibili ben due corti. Esso appartiene alla tipologia
dei castelli-recinto e perciò è vuoto dentro e le
costruzioni che stavano al suo interno non erano grandi. Nel perimetro
del castello si notano tracce di torri, camminamenti in galleria,
livelli sovrapposti, ma forse a causa della scarsa consistenza
delle murature restanti, di alcune parti non se ne capiscono le
ragioni funzionali; le campagne di scavo archeologico in corso
potranno aiutarci a comprenderne l'articolazione. Mentre chiese
risalenti al periodo medioevale si sono conservate (S. Erasmo,
S. Maria dei Rivoli, S. Michele, ecc.) il castello avendo perso,
a differenza delle chiese, la funzione originaria è andato
deperendo, né la sua condizione di proprietà pubblica
lo ha salvato dall'abbandono. Del resto, non possedendo locali
interni viene a mancare l'interesse pratico alla manutenzione.
A Civita è interessante non solo il castello, ma pure il
borgo esterno ad esso. Questo borgo è anch'esso fortificato
e il castello viene a costituire la fortificazione di uno dei
lati (va precisato, comunque, che il castello e il borgo non risalgono
alla medesima epoca e che quest'ultimo si è addossato al
primo). Anche nel villaggio rimangono solo pezzi delle vecchie
mura perché, pur non essendoci stati fatti traumatici,
le murazioni per lunghi tratti sono scomparse. La demolizione
delle mura sembra essere un fenomeno di lunga durata quasi che
il villaggio volesse liberarsi di una specie di corazza. Più
sopra di Civita vi è S. Egidio, una caratteristica chiesetta
che al valore architettonico aggiunge quello affettivo: questo
luogo ha mutato significato nei secoli perché da semplice
eremo è diventato meta di pellegrinaggio.
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di Francesco Manfredi-Selvaggi