LA PIANA DEI MULINI
Il toponimo del posto che poi è diventato anche la
denominazione
dell¹attività è ³Piana dei Mulini². Ci troviamo infatti in un
sito dove
originariamente dovevano sorgere dei mulini e che poi si è
trasformato nel
luogo di ubicazione di una centrale idroelettrica. C¹è una
continuità tra
destinazione originaria a mulino e la nuova, seppure ormai
dismessa a causa
della nazionalizzazione dell¹energia che ha portato negli anni
60 dello
scorso secolo, a impianto idroelettrico ed è data dalla comune
fonte di
approvvigionamento dell¹energia che è il corso d¹acqua
adiacente. E¹ questo
un processo che si ripete nelle varie centrali idroelettriche
che costellano
in questo tratto il percorso del Biferno le quali
sostituiscono antichi
mulini. In effetti tra i due tipi di impianti vi sono molte
similitudini,
rimanendo uguale la forza motrice che nel caso dei mulini
aziona le pale,
mentre nel caso delle centrali serve a far funzionare le
turbine. Tanto il
mulino che la centrale sono sistemi articolati composti di più
parti ed un
motivo di visita turistica può essere proprio quello di
osservarne il
funzionamento. La centrale idroelettrica di Piana dei Mulini,
connessa con
la struttura agrituristica, si compone perciò non solo del
fabbricato dove
avviene la trasformazione dell¹energia, ma anche dei manufatti
che
convogliano l¹acqua verso il bacino di carico da cui essa
giunge alla
turbina. Con un percorso che si sviluppa in prossimità del
fiume, quindi
anche di grande interesse naturalistico e paesaggistico
trattandosi di un
tipico ambiente fluviale ancora incontaminato, è possibile
osservare,
iniziando dall¹alveo del Biferno, le opere per la derivazione
dell¹acqua, il
canale di adduzione con il connesso canale di scolo, la vasca
per l¹accumulo
dell¹acqua e quindi, dal lato opposto della centrale, il
canale di scarico
che riporta l¹acqua nel fiume. A caratterizzare l¹edificio
della centrale
che fa corpo unico con il fabbricato trasformato in struttura
ricettiva vi è
nel prospetto di valle un arco a livello seminterrato da dove
esce l¹acqua
dopo aver messo in moto la turbina. La centrale è composta
anche
dell¹alloggio del custode il quale deve vivere qui
permanentemente in quanto
il Biferno a differenza di altri corsi d¹acqua minori dove
pure vi sono
centrali ha una portata minima sempre garantita e perciò la
produzione di
energia è continua. Per concludere si deve dire che questa
centrale pur
essendo un manufatto semplice senza ricercatezze estetiche è
una
significativa testimonianza di archeologia industriale che
merita di essere
conosciuta.
LA TIPOLOGIA ARCHITETTONICA
E¹ particolarmente interessante la tipologia architettonica
dove ha sede
l¹azienda agrituristica. Essa è caratterizzata da un impianto
a corte
composto di due livelli. Nel cortile di piano terra su due
lati sono
addossati archi in pietra che richiamano l¹immagine del
portico facendo
assomigliare in un certo senso questo cortile ad un chiostro.
La costruzione
di tali archi non risponde solo ad esigenze figurative, ma
essi servono a
sorreggere i ballatoi soprastanti. Questa dei ballatoi è una
soluzione
architettonica non frequente nelle nostre campagne; essi
permettono di
servire gli accessi dei vani posti al secondo livello, alla
stregua di un
percorso urbano, sia pure interno al complesso edilizio. Se i
ballatoi
servono il piano superiore su ambedue i lati, il cortile
consente l¹ingresso
ai locali del piano terra. Mentre al secondo livello vi sono
gli ambienti
per l¹abitazione al livello terraneo sono collocate le
funzioni lavorative
e, dunque, abbiamo così una distinzione netta tra gli spazi
della vita e gli
spazi per il lavoro. I percorsi che servono l¹una o l¹altra
funzione non si
intrecciano fra loro perché dal piano superiore si raggiunge
il portone
d¹ingresso senza dover attraversare la corte. Infatti le due
scale, che sono
identiche, sono collocate simmetricamente rispetto al portone
immediatamente
vicine ad esso. Quindi non vi sono commistioni tra il momento
dell¹abitare e
quello del lavoro che avvengono a livelli diversi del
fabbricato. Le due
funzioni non si disturbano reciprocamente e così il cortile,
alla stregua di
un¹aia esterna, può ospitare attività lavorative all¹aperto
come
l¹essiccamento di alcuni prodotti agricoli, la battitura del
grano, ecc..
Queste attività si svolgono in maniera tranquilla in quanto
l¹unico punto di
accesso al cortile e, perciò, all¹intero fabbricato è il
portone d¹ingresso.
Il complesso edilizio pur composto, per lo meno la parte
utilizzata per
l¹attività ricettiva, di due corpi non ha altre bucature al
piano terra che
conducono all¹esterno. Ciò si spiega con il fatto che
trattandosi di un
edificio isolato in campagna esso è minacciato dal pericolo di
intrusioni e
di furti, per scongiurare i quali gli accessi vengono ridotti
ad uno solo in
quanto più facilmente difendibile. Tutto sembra voler
confermare quest¹idea
di luogo protetto, dall¹assenza di aperture terranee sulle
varie facciate,
all¹alto muro di cinta che chiude il quarto lato del cortile.
Il sistema
distributivo che è alla base dell¹idea architettonica che
informa di sé il
fabbricato è che il cortile costituisce indubbiamente un luogo
interno
delimitato com¹è da pareti, ma nello stesso tempo esso è uno
spazio esterno,
una specie di piazzetta, sulla quale convergono gli accessi
dei vari locali.
La coerenza di questo impianto architettonico sta anche nel
fatto che le
falde del tetto e con esse il displuvio delle acque piovane
non volgono
verso il cortile che perciò non diventa il punto di raccolta
delle acque
meteoriche. Questa disposizione del tetto permette la
congiunzione dal lato
corto del fabbricato con altri corpi e quindi l¹accrescimento
dell¹edificio:
è quanto è avvenuto qui dove la struttura si è autenticamente
raddoppiata
nel tempo con l¹aggiunta di un corpo simile (compreso il
cortile) utilizzato
quale centrale idroelettrica.
Francesco Manfredi-Selvaggi |
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