Il recente ritrovamento della strada romana rimette in discussione le
ipotesi finora formulate sull¹organizzazione urbanistica del ³municipio².
Questo percorso lastricato di 12 metri di larghezza e con ai lati cenni di
marciapiede può essere considerato, seppure è venuto a luce un piccolo
pezzo, uno dei monumenti più significativi della città matesina. L¹impegno,
dopo la scoperta di questo tratto viario a seguito dei lavori per la
sistemazione dell¹alveo del Calderari, deve essere ora quello di scoprire i
rapporti che la strada aveva con il territorio circostante perché le vie non
servono solo per andare da qualche parte, ma anche per servire ciò che c¹è
intorno e quindi con le case, gli edifici pubblici, ecc. Trovandosi in una
situazione urbana il rapporto tra la struttura archeologica e il contesto
nel quale è situata diventa molto delicato; l¹antica strada è fortemente
inserita nell¹ambito urbano il quale risulta nel tempo molto trasformato se
non fosse altro per l¹aspetto geologico con la sedimentazione di uno strato
di suolo sul livello della città romana. Anche la conservazione di tali
resti diventa qualcosa di complesso perché legata allo sviluppo della città.
A favore della tutela giocano, comunque, il fatto che la strada è stata
acquisita, con l¹esproprio dei terreni, al demanio comunale; inoltre vi è la
circostanza che siamo in un¹area inaccessibile alle persone, trovandosi ad
un livello più basso rispetto alla quota del percorso pedonale, pure se ciò
la espone al pericolo di divenire il ricettacolo di rifiuti. Concorre alla
sua salvaguardia anche la connessione del monumento archeologico con
l¹interessante emergenza ambientale costituita dal corso del Calderari ora
diventato una sorta di parco fluviale urbano. Nel caso di un reperto simile,
cioè un lastricato viario, non è pensabile il suo trasferimento in un museo
dal sito di rinvenimento e ciò se rappresenta un handicap perché conservare
all¹aperto è più difficile che conservare in un museo, da un altro punto di
vista è un fattore positivo in quanto attualmente i musei al chiuso per
motivi gestionali rimangono spesso chiusi al pubblico. Va piuttosto pensato
ad una musealizzazione all¹aperto con attrezzature di arredo quali pannelli,
grafici, tabelle che rendano comprensibili ai visitatori queste rovine,
magari integrato con una musealizzazione al chiuso (la sede potrebbe essere
il palazzo Colagrosso) dove potrebbero essere ricostruite tutte le fasi
archeologiche. Il museo all¹aperto dovrebbe essere un museo diffuso in
quanto i resti archeologici a Boiano si presentano come piccole macchie di
leopardo. La scoperta della strada pone un problema particolare nella
salvaguardia del nostro patrimonio archeologico che è quello della tutela
dei reperti immersi in acqua. In effetti, nel Molise vi è un altro caso di
archeologia subacquea relativo allo studio dei resti dell¹antico porto
situato nella costa tra Termoli e Petacciato.
Una delle questioni che pone
tale tipologia di bene archeologico è che l¹osservazione del fondo de corpo
idrico in cui è collocato il reperto è condizionata dalla visibilità e
perciò occorrono iniziative che rendono possibile la visione delle basole in
pietra del percorso viario. Ovviamente, i tempi per la definizione delle
misure di tutela e di valorizzazione sono lunghi legati come sono alle
esigenze di studio scientifico, a differenza dei tempi della politica, sia
pure di tipo culturale, che vuole invece risultati a breve termine.
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