I costumi matesini e molisani
con le forme che si sono conservate fino agli inizi di questo
secolo, entrarono nella “moda” del mondo contadino a partire dal
XVI secolo per influenza di altri popoli latini, ma non
sembrano ad essi estranee influenze di bulgari, slavi ed
albanesi, popoli che nel corso dei secoli hanno visto stanziate
in alcune zone del Molise delle loro colonie.
Sotto gli Aragonesi si diffusero nuove forme di vestire che, lasciarono la
tunica usata nei secoli precedenti, per le donne l’ampia
scelta con stretto corpetto abbottonato davanti e la camicia
larga con maniche lavorate .
Le caratteristiche basilari
dei costumi matesini rimasero invariati per i tre secoli
successivi, sino al loro disuso dagli inizi del XX secolo.
I costumi della nobiltà
aragonese influenzarono anche i modi del mondo contadino
matesino, con i fatastici adattamenti dovuti sia alla carenza di
tessuti (quelli più disponibili erano quelli di lana, canapa,
ecc, che si poteva fare con in casa, con prodotti della loro
economia ), sia per la scarsità economiche che limitavano
eventuali approvvigionamenti dai mercati esteri, sia infine alle
esigenze lavorative che richiedevano indumenti pratici.
L'aggiunta degli ornamenti ed accessori che che erano in molti
costumi matesini sono la loro origine soprattutto al secolo
XVIII a partire dall’inizio della dominazione borbonica nel
regno di Napoli; in quell’epoca indiziarono a nascere anche
fabbriche locali di tessuti pregiati e di accessori, delle quali
quella di S. Leucio riforniva il Molise di buoni prodotti molto
più facilmente che nel secolo precedente.
Furono proprio gli accessori e le decorazioni a determinare le
distinzioni da zona a zona ed a segnare le peculiarità dei
costumi, ad evidenziare i “messaggi” ed i simboli,
a dare significati riferiti allo status. Per la donna veniva
chiaramente rimarcato lo status di nubile rispetto alla donna
maritata e, ancora più visibilmente, rispetto alla vedova.
A Cercemaggiore, ad esempio, la gonna della donna sposata
presenta, sul tergo, due fessure bordate di rosso, alla sommità
delle quali sono sospesi con nastri rossi due pendagli
d’argento, accessori entrambi che erano ridotti ad uno nel
vestito della ragazza nubile; a Baranello le donne maritate si
individuano dalle cinque file di nastro di seta rossa al
bordo della gonna nonché dagli spilloncini messi nel copricapo
(uno per ogni anno di matrimonio); a Sepino le maritate
ostentano il loro status mediante grande fettuccia (verde o
rossa) applicata al bordo della gonna. L’abbigliamento nuziale
raggiunge il massimo della ricchezza di accessori, guarnizioni,
gioielli, la vedova elimina invece ogni decorazione e bandisce i
colori.
Nel costume maschile tali
segni, pur presenti, sono meno rilevanti e meno frequenti: i
legacci per le calze, il fazzoletto da collo, i ricami sui
polsini o sui colletti.
Taluni oggetti, gioielli ed accessori
dell’abbigliamento rispondono ad un rigoroso cerimoniale,
soprattutto quelli legati alle ricorrenze importanti nella vita:
il fidanzamento, le nozze, la morte.
Il coltello con manico intarsiato e le forbici erano i doni
dello sposo; le stringhe policrome per le calze e soprattutto il
fazzoletto (da naso o da collo), ricamato in rosso con frasi
d’amore lungo i bordi sono il dono della fidanzata al promesso
sposo (quando viene la stagione e il sudor ti bagna il
petto, ammirando il fazzoletto ricordati di me è la frase
ricamata a punto croce su un fazzoletto da Cercemaggiore); un
panno bianco inamidato e la lunga collana d’oro è il dono della
suocera alla nuora il giorno delle nozze, al momento
dell’ingresso nella casa.
Nel costume femminile il capo
fondamentale è la gonna (vunnèlla), scura, molto ampia,
arricciata in vita o plissettata ad organetto, liscia davanti
in modo da ricevere agevolmente il grembiule.
Il corpetto,
stretto e preferibilmente allacciato davanti, può essere sia
unito sia più comunemente staccato dalla gonna, realizzato in
modo da stringere la vita e tenere ben sollevato il seno, con la
stessa funzione del busto (solo in qualche caso
schiaccia e copre il seno). Il
grembiule (zinale), nato per fini pratici, finì con il
diventare un complemento essenziale, di valenza non solo
decorativa ma anche fortemente simbolica: il grembiule è
protezione del sesso, e, donato allo sposo, è simbolo di
possesso esclusivo da parte di quest’ultimo. Il copricapo di
panno (mappa) è anch’esso fortemente caratterizzato sia
nella forma che nelle decorazioni, adatto ad evidenziare e
valorizzare il viso, arricchito di spilloni in metallo prezioso
talora di dimensioni gigantesca (come a Cercemaggiore ed a
Guardiaregia).
Generalmente il copricapo è una prerogativa delle
donne maritate, non usato nei giorni feriali. Altro capo, non
strettamente funzionale e per questo non presente in alcuni
costumi, è il fazzoletto da collo (scolla), bianca o di
colore chiaro (nera o scura per le vedove), ricamata spesso in
rosso con frasi d’amore.
Il significato simbolico
investe anche i gioielli (di oro, argento, corallo) indossati
numerosi nelle feste importanti.
L’abbigliamento maschile
presenta poche varianti da zona a zona; il colore è sempre scuro
(tranne alcuni casi nelle zone costiere per il costume estivo,
che era di canapa) e i capi si limitano ai calzoni, generalmente
lunghi fin sotto il ginocchio, alla camicia bianca, alla
camiciola (gilet) e alla giacca corta; per l’inverno in alcuni
casi c’è il mantello scuro a ruota.
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