Il
paesaggio attuale.
I Monti del Matese
(Fogli 161 IS; 162 CB; 172 CE; 173 BN della Carta Geologica d'Italia),
allineati all'incirca NO-SE sul confine tra il Molise e la Campania
per più di 50 chilometri, costituiscono un compatto massiccio
carbonatico esteso per circa 1000 chilometri quadrati tra le province
di Campobasso e Isernia nel Molise, Caserta e Benevento nella Campania.
Monte Miletto (m. 2050), La Gallinola (m. 1923), Monte Mutria (m.1823),
sono le cime più alte che si collocano sulla linea dello
spartiacque.
L'assetto globale e il modellamento del massiccio sono regolati
sia da fattori tettonici, sia dalla costanza della litologia, rappresentata
essenzialmente da facies calcaree stratificate anche in grosse bancate
superanti spesso i due metri di spessore, sia dagli effetti dell'incessante
erosione.
L'alta solubilità dei carbonati determina una fitta rete
di cavità ipogee, specialmente in corrispondenza di piani
di fratturazione e di stratificazione.
Dall' epigeo all' ipogeo si identificano solcature separate da sottili
creste aguzze , docce, piccole cavità a fondo piatto, doline
in formazione, canyons carsici, piccole polye con versanti ripidi,
inghiottitoi, gallerie, pozzi, grotte, cavità di sbocco.
La natura carsica del massiccio produce in genere una scarsa idrografia
di superficie, specialmente nel versante molisano. Lo scorrimento
superficiale dell'acqua meteorica, infatti, è minima a causa
della sua penetrazione nel reticolo delle fessure con stillicidio
nelle escavazioni sottostanti fino alla falda freatica. Per tutta
la sua lunghezza, da est ad ovest, il Matese si presenta grandioso
in una alternanza di creste dentellate e dirupi inaccessibili, di
lunghi pianalti , profonde valli e balze che rompono la china dei
monti, di gole strette a pareti verticali e bastioni imponenti,
di monoliti enormi e ammassi di detrito roccioso, di selve rigogliose
e prati smaglianti di colori, di nevi immacolate e di acque scroscianti
giù per i pendii in innumerevoli limpide cascatelle. Da migliaia
di anni piante e animali vivono qui colonizzando una grande varietà
di ambienti. Il lupo, il cinghiale, la volpe, la lepre, il gatto
selvatico, la poiana, il falco, il gufo, tanto per citarne alcuni,
sono gli animali singolari dei nostri monti. La genzianella, i profumatissimi
'serpillo' e 'non ti scordar di me', i crochi variopinti, il ginepro,
il faggio, il castagno ed altre piante sono qui di casa. Il Matese
è cosi' spettacolare da poter donare ad ogni visitatore un
fervore e un sentimento diverso.
Il Matese non è soltanto
questo.
Un suo aspetto particolare riguarda i fossili, documenti che,
tramandatici dalla Natura, ci rendono testimonianza, in un colloquio
col passato, della vita di esseri vissuti nel mare che occupava
l'attuale Matese.
Osservare e studiare tali 'documenti' è un poco come rivivere
quel passato che ci spinge a meditare su tanti problemi di grande
interesse conoscitivo, quali, tra gli altri, quelli relativi alla
nascita della Vita sulla Terra e alla evoluzione dei viventi attraverso
il tempo.
Dal mare della Tetide alla montagna
del Matese.
La storia geologica del Matese, a partire del Triassico (perché
le sue rocce più antiche risalgono a quel tempo), strettamente
correlata a quella più generale ma più esplicativa
dell'Appennino centro-meridionale, viene qui descritta tenendo
conto delle interpretazioni più documentate sulla evoluzione
paleogeografia della regione.
Una particolare attenzione è posta alle conoscenze paleontologica
e paleoecologica poiché l'interesse considerato in questo
contesto è rivolto essenzialmente verso tali aspetti.
Letteratura.
La letteratura geologica
e paleontologica relativa al Matese risulta molto carente almeno
fino all'ultimo quindicennio del secolo scorso.
Se si eccettuano infatti le ricerche effettuate da O.G.Costa (1851
a; 1851 b; 1865; 1866), finalizzate non sempre esclusivamente
al Matese, descrittive in parte della fauna fossile ad ittioliti,
crostacei, anfibi e rettili di Pietraroja (Bn) con istituzione
di numerose nuove specie, si devono attendere i lavori di F.Bassani
(1885;1892) e di M.Cassetti (1893;1894;1895) perché gli
studi sul Matese assumessero una certa rilevanza con una conoscenza
alquanto precisa su alcune evidenze stratigrafiche e paleontologiche
del Mesozoico.
Nei primi decenni del 1900 le ricerche si intensificano con i
noti lavori di E.U. Fittipaldi (1900), C.F.Parona (1901;1911),
F.Sacco (1910), A Galdieri (1913), G, d'Erasmo (1914-15), B. de
Lorenzo (1937).
In particolare C.F.Parona per le Rudiste e E.U.Fittipaldi per
i gasteropodi contribuiscono notevolmente alla conoscenza paleontologica
dell'area di S.Polo Matese, mentre B.de Lorenzo effettua la prima
interpretazione geologica del Matese su basi di totale autoctonia,
come suggeriscono le classiche concezioni del tempo.
Tra il 1950 e il 1970, alla luce delle moderne vedute della Geologia
(nuove interpretazioni strutturali e paleogeografiche), si attuano
notevoli conoscenze sull'Appennino centro-meridionale..
R.Selli (1957;1962) studia la trasgressione del Miocene dall'Abruzzo
alla Calabria, istituendo la "Formazione Cusano", la
"Formazione Longano" e la "Formazione Pietraroja".
S.Sartoni e U.Crescenti (1962) effettuano ricerche biostratigrafiche
sul Mesozoico dell' Appennino meridionale, istituendo alcune cenozone
sul Matese.
F.Catenacci et alii (1962) istituiscono 9 complessi guida del
Mesozoico nel Matese orientale.
B.D'Argenio (1963) studia il livello bauxitico medio-cretacico
del Matese orientale.
F.Catenacci e M.Manfredini (1966) determinano l'età dei
calcari selciferi ad ittioliti di Pietraroja in eteropia di facies
dei calcari neritici del Barremiano- Albiano basale.
A.Ietto ( 1969) presenta un modello di ricostruzione paleogeografica
del Matese dal Trias al Miocene , identificando la "Piattaforma
Carbonatica del Matese" distinta da quella Laziale a nord
, Campano-Lucana a sud.
Negli anni 70 ed 80 vengono effettuati importanti studi stratigrafico-strutturali
e paleoecologici sull'Appennino centro-meridionale.
B.D'Argenio e P.Scandone (1970),
T.Pescatore et alii (1970), B.D'Argenio et alii (1973) distinguono
3 piattaforme carbonatiche separate da bacini:
-Piattaforma Carbonatica Abruzzese-Campana,
- " " Lucana,
- " " Apulo-Garganica.
Il Matese è compreso nell'Unità Matese-Monte Maggiore
della Piattaforma Carbonatica Abruzzese-Campana.
F.Ippolito e I.Sgrosso (1973) descrivono la Piattaforma Carbonatica
Laziale.
B.D'Argenio et alii (1973) distinguono nell'Appennino meridionale
9 unità stratigrafico-strutturali corrispondenti ad altrettante
unità paleogeografiche.
I.Sgrosso (1988) propone un nuovo
modello paleogeografico dell'Appennino centro-meridionale nel
quale vengono considerate le seguenti piattaforme carbonatiche
intervallate da bacini:
-Piattaforma Apulo-Garganica,
- " Abruzzese-Molisana,
- " Abruzzese,
- " Laziale-Abruzzese,Campana,
- " Laziale-Campana-Lucana,
- " Campana-Lucana-Calabrese.
I bacini intercalanti le piattaforme sono:
-Bacino est-Garganico,
- " Molisano esterno,
- " " intermedio,
- " " interno,
- " Lagonegrese,
- " Tirrenico,
- " " interno.
Il Matese è presentato come la sintesi della deformazione
di diversi domini paleogeografici (I.Sgrosso, 1988;1996).
Per la Paleontologia , dopo una lunga interruzione nell'attività
di ricerca durata oltre sessanta anni , M.Mainelli (1975 a; 1975
b; 1983, 1988, 1990 a; 1990b, 1990 c; 1993 a; 1993b) riprende
lo studio delle Rudiste istituendo nuove specie.
B.Accordi et alii (1982 a;1982 b) effettuano uno studio tettono-sedimentario
e paleoecologico nel Cretacico del Matese nord-orientale.
B. D'Argenio et alii 1989; 1992) descrivono alcuni aspetti sedimentologici
nel Cretacico inferiore del Matese.
G.Sirna (1989) descrive una nuova Ippurite.
In occasione del "2.nd International Conference on Rudists,
Rome and Bari 1991" il Matese diventa meta di escursione
paleontologica.
Nella "Conference" G.Accordi e F.Carbone (1990) descrivono
la sedimentologia nel Cretacico dell'area nord-orientale del Matese;
G.Accordi et alii (1990) delineano la colonizzazzione a Rudiste
nel Cretacico del Matese nord-orientale; M.Mainelli (1990 a, 1990
b) istituisce una nuova Durania del Cenomaniano di Monte La Costa
e propone una nuova sistematica sulle Rudiste.
Nella "3.th International Conference on Rudists, Mexico D.F.,
1993" M.Mainelli (1993a; 1993b) istituisce un nuovo genere
e due nuove specie rinvenute sul Matese. J.P.Masse et alii (1993)
descrivono alcune Rudiste che si rilevano nella serie stratigrafica
di Sbregavitelli nell'area del Lago del Matese. Nel 1994 D.Ruberti
compie alcune osservazioni stratigrafiche sulla successione di
Colle Salva Signore, a ridosso dell'abitato di S.Polo Matese.
Nelle vedute attuali.
La storia geologica del
Matese, come si è detto, si inquadra in quella dell'Appennino
centro-meridionale che nel Mesozoico e nella maggior parte del
Cenozoico faceva parte del margine crostale della Tetide Africana
(H.P.Laubsher, 1971; 1974), la cui evoluzione paleogeografica,
determinata da movimenti di tipo trascorrente, rotazioni regionali
e chiusura della Tetide, generati dalla pressione dell'Africa
in senso NE, ha condotto all'attuale morfologia (Carbone e Lentini,
1990; Lentini et alii, 1990; Patacca et alii, 1990; Sgrosso, 1988;
1996).
In questo contesto il Massiccio del Matese, pur presentando una
notevole unitarietà morfologica, evidenzia, secondo le
ultime vedute (Sgrosso, 1996), una complessità strutturale
che lo distingue essenzialmente in due unità tettoniche,
quella del Matese Orientale, sovrapposta alle arenarie di Frosolone
(Bacino Molisano), quella del Matese Nord-Occidentale sottoposta
ad esse.
Le due unità si caratterizzano principalmente per
-la facies di transizione a bacino sul bordo settentrionale;
-la datazione differente dei primi sedimenti silico-clastici connessi
alla differente evoluzione tettono-sedimentaria.
Il Matese Orientale , definito all'incirca dall'area compresa
da Bojano a Monte Miletto, a Valle Agricola, a Cerreto Sannita,
è costituito da una successione di oltre 3000 metri di
terreni meso-cenozoici.
L'intervallo Trias superiore-Eocene inferiore è distinto
da sedimenti carbonatici dolomizzati alla base, carbonatici quasi
sempre biogeni a seguire, riferiti ad ambienti neritici di piattaforma,
paragonabili , per caratteri sedimentari e distribuzione delle
facies, all'attuale piattaforma carbonatica delle Bahamas.
Sui terreni carbonatici trasgrediscono concordanti quelli del
Miocene delle Formazioni Cusano, Longano e Pietraroja (R. Selli,
1957).
Il Paleogene è quasi sempre assente.
Tutta la serie è segnata in genere da due lacune stratigrafiche,
la prima medio Cretacica, distinta per lo più da un orizzonte
bauxitico, la seconda rende il Miocene trasgressivo sul Cretacico
superiore.
Il Matese Nord-occidentale è compreso nell'area chiusa
dalla linea che da Monte Miletto arriva a Castelpetroso, a Isernia,
alle statali 85 pp. e 158 pp., a Raviscanina; è costituito
da una successione di terreni Trias superiore- Neogene per circa
3000 metri di spessore.
Dal basso verso l'alto si rilevano:
-dolomie neritiche del Giurassico-Cretacico;
-calciruditi con resti di Rudiste del Cretacico superiore e calcareniti
del
Paleogene;
-calcareniti, calcilutiti, marne ed argille del Paleogene-Neogene.
I dati accennati evidenziano due differenti unità strutturali
generate da differenti domini paleogeografici:
- l' "Unità Matese Orientale" che si riconosce
nella parte esterna della 'Piattaforma carbonatica Laziale-Abruzzese-Campana';
- l' "Unità Matese Nord-Occidentale" che si riconosce
nella 'Piattaforma Abruzzese-Molisana', più esterna di
quella "Laziale-Abruzzese-Campana", e recentemente individuata
(Sgrosso,1986;1988; Amore et alii, 1988).
In definitiva la ricostruzione paleogeografica del Matese nell'Appennino
centro-meridionale deriva dall'esistenza pretortoniana dei seguenti
domini paleogeografici :
-la Piattaforma Laziale-Abruzzese-Campana di cui ne è parte
il Matese Orientale;
-il Bacino Molisano Interno;
-la Piattaforma Abruzzese ancora non definita nella sua area e
stratigrafia strutturale;
-il Bacino Molisano Intermedio;
-la Piattaforma Abruzzese-Molisana ancora non definita nella sua
area e stratigrafia strutturale.
Dal punto di vista dell' evoluzione paleogeografica le entità
considerate sono dominate essenzialmente da:
-movimenti epirogenetici dal Trias superiore all' Aquitaniano,
-movimenti trascorrenti connessi con la chiusura della Tetide
nel Langhiano-Pliocene;
-fasi orogenetiche vere e proprie dal Pliocene medio-superiore
che hanno determinato l'attuale configurazione.
Per il Matese in particolare si
prospetta la seguente successione di eventi a partire dal Miocene:
-nel Tortoniano medio-superiore il Matese Orientale assume caratteristiche
di avanfossa;
-nel Tortoniano superiore il Matese Orientale subisce una prima
deformazione tettonica dovuta alla componente verticale delle
spinte tangenziali (spinta africana);
-nel Messiniano inferiore sui depositi sinorogeni arrivano le
falde sannitiche, il Matese Nord-Occidentale unitamente al Bacino
Molisano diventano avanfosse;
-nel Messiniano superiore il Matese Orientale sovrascorre sui
terreni della Piattaforma Abruzzese;
-tra il Messiniano terminale e il Pliocene inferiore il Bacino
Molisano viene deformato e diventa parte della catena;
-nel Pliocene superiore e Pleistocene movimenti compressivi, distensivi
e trascorrenti, rotazione di blocchi completano l'attuale assetto
morfologico.
Il Matese Orientale nel Cretacico.
Nel Cretacico l'Unità
del Matese Orientale è rappresentata da un alto strtturale
persistente di piattaforma carbonatica caratterizzata da ambienti
neritici colonizzati da singolari, numerose comunità bentoniche.
Nel Cretacico inferiore l'alto strutturale, interessato dalla
tettonica compressiva cui è sottoposto l'Appennino centro-meridionale
con direttrice est-ovest ed accavallamento verso nord, è
distinto prevalentemente da ambienti lagunari , con sedimentazione
di fango calcareo e sviluppo di comunità bentoniche a Rudiste
s.l. , Nerineidi, Foraminiferi, Alghe.
Formazioni episodiche di ambienti di bordo di piattaforma colonizzati
da comunità a Caprinidi e Radiolitidi si hanno nell'Aptiano
superiore.
Nel Cretacico superiore l'evoluzione dell'alto strutturale porta
alla formazione in particolare di estesi ambienti di bordo di
piattaforma, con produzione di grande quantità di sedimenti
sabbiosi , biodetritici e colonizzazioni a Rudiste s.l..
Dalla fine del Cretacico si attua un progressivo annegamento dell'alto
strutturale con sviluppo di depositi di scarpata-bacino.
Grande evento è l'estinzione delle Rudiste.
Alla luce di tali considerazioni nel Cretacico del Matese Orientale
possono essere distinte le seguenti facies principali, corrispondenti
ad altrettanti ambienti ecologici (Accordi et alii, 1982; Accordi
et alii, 1990).
- Facies di piattaforma carbonatica a circolazione aperta.
Gli ambienti sono lagunari in retrobordo della piattaforma, con
acque basse ad energia medio-bassa; salinità normale tendente
verso l'ipersalino; peloidi intraclasti e resti di fauna bentonica.
La colonizzazione riflette associazioni di Requienidi, Radiolitidi,
Gasteropodi, Pernidi, coralli, microfauna bentonica (Cuneoline,
Miliolidi, Textularidi, Orbitolinidi).
Le litofacies, secondo le caratteristiche ambientali, identificano:
-wackestones e packestones laminati a peloidi e litoclasti che
riflettono ambienti intertidali o alto-subtidali;
- packestones, grainstones a oncoidi che caratterizzano ambienti
subtidali;
- wackestones a Requienidi, Nerineidi e Pernidi che indicano ambienti
a circolazione moderata di acque;
- wackestones, packestones a peloidi e foraminiferi che indicano
ambienti a circolazione moderata di acque;
- wackestones, packestones a Radiolitidi di aree protette;
- brecce che corrispondono a depositi correlati a movimenti tettonici
all'interno della piattaforma.
- Facies di bordo di piattaforma.
Le aree connesse con la facies si rilevano nelle vicinanze del
mare aperto e sono colonnizzate da rigogliose comunità
bentoniche diversificate secondo la morfologia dei fondali e l'energia
delle acque.
Le colonizzazioni comprendono Caprinidi, coralli, alghe rosse.
Molti fossili sono completi ed in posizione di crescita.
Le lito-biofacies distinguono:
- Rudstones a coralli e Rudiste con bioclasti a Radiolitidi, Caprinidi,
coralli e resti di alghe, unitamente a litoclasti.
Questi sedimenti sono correlati con ambienti sottoposti ad alta
energia delle acque.
- Grainstones, rudstones di spiaggia con lito-bioclasti ben arrotondati
e classati in barre, spiagge e fondali bassi soggetti ad energia
medio- alta delle acque.
Tali ambienti favoriscono la colonizzazione a Rudiste e coralli.
- Floatstones a Rudiste con produzione di sabbie bioclastiche
e colonizzazione a Caprinidi, coralli ed alghe rosse.
- Wackestone a Nerineidi con peloidi ed intraclasti, con bioclasti
bene arrotondati.
-Facies di piattaforma aperta-scarpata.
La facies è presente in particolare nel Cretacico superiore
con sedimentazione di sabbie bioclastiche e colonizzazioni a Ippuritidi,
Radiolitidi, coralli, echinodermi in ambieti subtidali.
Si distinguono:
- grainstones, rudstones a bioclasti di coralli e Rudiste;
- packstones a bioclasti di coralli ed echinodermi;
- grainstones, packstones a Ippuritidi e Radiolitidi;
- bancate a Rudiste s.l.;
-wackestones, packestones con foraminiferi planctonici.
-Facies di piede di scarpata-bacino.
La facies rappresenta la parte più esterna della piattaforma,
influenzata pertanto dal bacino prossimale.
I litotipi sono biodetriti intercalati a peliti.
Vengono distinti in particolare:
- brecce,
- rudstones bioclastici,
- grainstones bioclastici,
- mudstones pelagico.
I fossili
I fossili del Matese, vari ed abbondanti, anche se non completamente
rappresentativi di tutti i viventi che popolavano gli ambienti
neritici accennati, si classificano in Ittioliti, Rettili, Anfibi,
Crostacei, Lamellibranchi, Gasteropodi, Brachiopodi, Antozoi,
Briozoi, Echinodermi, Poriferi, Anellidi, Foraminiferi, Alghe.
Predominano i Lamellibranchi con le RUDISTE che per la loro notevole
diffusione denominano quasi tutte le cenosi delle successioni
paleobiologiche.
La fauna a Rudiste è rappresentata da comunità caratterizzate
da processi notevoli di speciazione stenoecia, a spiccato provincialismo,
nell'ambito di popolazioni sia allopatriche sia simpatriche.
La speciazione si ritiene favorita e sostenuta essenzialmente
da un'ampia verietà di biotopi che distinguono la Piattaforma
Carbonatica del Matese Orientale e che evolvono lentamente nel
tempo.
Tale fauna, pertanto, si presenta distribuita in popolazioni ad
alta diversità tassonomica alternate nel tempo a popolazioni
endemiche.
Le Rudiste
Col nome generico di Rudiste, dal latino 'rudis', si indicano
alcune famiglie di bivalvi che vissero in particolari ambienti
del Cretacico, sviluppando le loro strutture inusuali, caratterizzate,
tra l'altro, da una valva fissa al substrato generalmente più
grande dell'altra fungente da opercolo.
Per la loro forma anormale questi strani organismi sono stati
classificati prima tra i Poriferi, poi tra i Celenterati, ed infine,
dopo un'accurata indagine morfologica e filogenetica, sono stati
riconosciuti per molluschi bivalvi, strutturati in spinta specializzazione
che determinò, quando verso la fine del Cretacico mutarono
le condizioni ambientali, prima il loro declino, probabilmente
per collasso genetico, poi la loro estinzione.
Le Rudiste prosperavano e si riproducevano in ambienti neritici
ad acque limpide, bene penetrate dalla luce, calde, senza variazioni
sensibili di temperatura e salinità, bene ossigenate, favorite
da correnti moderate.
Alte da qualche centimetro fino ad oltre un metro, questi singolari
bivalvi, per la loro costituzione altamente competitiva, si affermarono
come organismi dominanti tra i sessili, condizionando nella espansione
specialmente i Coralli, i quali, legati a processi lenti di riproduzione
e crescita (colonialismo), furono relegati in ambienti ristretti
e sostituiti nella costruzione delle scogliere.
Le Rudiste hanno una notevole importanza stratigrafica perché,
caratterizzate da una singolare, diversificata e spinta evoluzione,
sono utilizzate per definire la scala dei tempi relativa al Cretacico
di facies neritica tropicale.
Per questo esse sono considerate buoni fossili guida, ovvero indicatrici
di età.
Nel contesto del mare del Cretacico, occupato attualmente dall'area
dei Monti del Matese, le Rudiste vivevano in ambienti bioermali
e biostromali.
Gli ambienti biostromali erano distinti da fondali di piattaforma
carbonatica a circolazione aperta delle acque.
Gli ambienti bioermali erano scogliere organogene distribuite
ai margini della piattaforma carbonatica e isolatamente nel suo
interno.
Attualmente i loro resti fossili, spesso in posizione di vita,
si rinvengono in bancate stratificate di calcare organogeno e
in strutture tabulari o a barriere.
Allo stato attuale delle conoscenze, tra i calcari del Matese
si trovano le seguenti specie di Rudiste, elencate secondo la
sistematica proposta da M. Mainelli in occasione della Seconda
Conferenza Internazionale sulle Rudiste del 1990.
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