Un patrimonio culturare molto vario
Stemma di Bojano


               Ceccagne
                  Pinciera

 

 


di Francesco Manfredi-Selvaggi


Il patrimonio culturale boianese è estremamente diversificato perché va dalle chiese romaniche alle tele pittoriche settecentesche (i dipinti di Raffaele Gioia sull'altare maggiore della cattedrale). Prosegue anche oltre perché comprende testimonianze di archeologia industriale quale è il tabacchificio, un enorme fabbricato situato proprio fuori la città. È una tipologia innovativa di architettura industriale per il periodo in cui è sorta, i primi decenni del secolo scorso, che già si era affermata altrove; la novità è costituita dai lunghi capannoni collegati orizzontalmente e non sovrapposti. Il modello dello stabilimento orizzontale che permette una più efficace organizzazione delle fasi lavorative deve essere costruito in pianura ed appunto così avviene a Bojano. La coltivazione del tabacco che costituiva per i montanari, e i matesini un tempo lo erano, una risorsa significativa è sparita dalla piana di Bojano per la concorrenza di altre zone e con essa il tabacchificio è andato in disuso. Accanto a questo vi sono altri manufatti legati alla produzione agricola, questa volta di tipo tradizionale, che si stanno deteriorando; un esempio di costruzioni che va scomparendo sono i fienili con le pareti fatte di paglia e di cannucce, dei quali alcuni si possono ancora vedere appena fuori Monteverde. Appartengono al patrimonio culturale pure i ricoveri per pastori che stanno in montagna vicino agli stazzi per le pecore: rientrano nella categoria delle dimore rurali temporanee, ma si riducono a piccole capanne in pietra calcarea coperte, il più delle volte, con semplice lamiere. Queste, che hanno una forma elementare, sono architetture primitive il cui prototipo deve risalire ad epoche antichissime. Ancora architetture rurali significative, ma questa volta databili agli ultimi secoli, sono alcuni complessi edilizi che presentano elementi costruttivi caratteristici (torri presenti a Pitti e al casino Nardone, oppure il tavolino in pietra, di arredo del giardino nel casino Colacci); questi manufatti sono interessanti dal punto di vista storico non necessariamente per le loro particolarità architettoniche, ma piuttosto perché testimonianza di un certo modo di insediarsi dell'uomo nella campagna. Nella piana di Bojano si afferma una variante dell' "insediamento sparso", terminologia cara all'Istituto di Statistica, che è l'aggregazione di edifici rurali in piccoli borghi, perché sul territorio rurale risultano presenti piuttosto casali che fattorie isolate (Castellone, Monteverde, Civita Superiore, che sono vere e proprie frazioni e poi Ceccagne, Pulsone, Massari, ecc.). Questa tendenza all'aggregazione delle case, che deve essere legata alla particolare struttura della famiglia patriarcale, è proseguita fino a tempi recenti come rivelano i nomi di località abitate quali Mucciarone, Chiovitti, Pallotta, che poi sono nomi di famiglie che esistono ancora oggi. Seppure annucleata in casali la distribuzione rada dei fabbricati in campagna provoca una certa confusione visiva dalla quale si distingue solo Civita che costituisce una presenza ben individuabile nel paesaggio. Il castello normanno che sovrasta Civita è un manufatto isolato, dominante, ma separato dal borgo. Esso, nonostante le sue dimensioni per le quali somiglia ad una cittadella, non è percepibile del basso perché occultato da una fascia alberata di impianto recente. Le mura che in epoca medioevale dovevano essere abbastanza alte in modo da non poter essere scavalcate senza l'uso di scale oggi sono ridotte a semplici brandelli così che l'imponenza del castello appare unicamente dalla vastità dell'impianto planimetrico nel quale sono leggibili ben due corti. Esso appartiene alla tipologia dei castelli-recinto e perciò è vuoto dentro e le costruzioni che stavano al suo interno non erano grandi. Nel perimetro del castello si notano tracce di torri, camminamenti in galleria, livelli sovrapposti, ma forse a causa della scarsa consistenza delle murature restanti, di alcune parti non se ne capiscono le ragioni funzionali; le campagne di scavo archeologico in corso potranno aiutarci a comprenderne l'articolazione. Mentre chiese risalenti al periodo medioevale si sono conservate (S. Erasmo, S. Maria dei Rivoli, S. Michele, ecc.) il castello avendo perso, a differenza delle chiese, la funzione originaria è andato deperendo, né la sua condizione di proprietà pubblica lo ha salvato dall'abbandono. Del resto, non possedendo locali interni viene a mancare l'interesse pratico alla manutenzione. A Civita è interessante non solo il castello, ma pure il borgo esterno ad esso. Questo borgo è anch'esso fortificato e il castello viene a costituire la fortificazione di uno dei lati (va precisato, comunque, che il castello e il borgo non risalgono alla medesima epoca e che quest'ultimo si è addossato al primo). Anche nel villaggio rimangono solo pezzi delle vecchie mura perché, pur non essendoci stati fatti traumatici, le murazioni per lunghi tratti sono scomparse. La demolizione delle mura sembra essere un fenomeno di lunga durata quasi che il villaggio volesse liberarsi di una specie di corazza. Più sopra di Civita vi è S. Egidio, una caratteristica chiesetta che al valore architettonico aggiunge quello affettivo: questo luogo ha mutato significato nei secoli perché da semplice eremo è diventato meta di pellegrinaggio.


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